I Commerci nell’area dello stretto in epoca romana

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Lo Stretto di Messina nella storia della Calabria

 

Sull’importanza geografica e storica dello Stretto di Messina si è ampiamente discusso in numerosi saggi, convegni e ricerche dal grande valore scientifico.

F. Braudel indicava lo Ionio, attraverso la cui rotta si svilupparono e si intensificarono i contatti tra la civiltà orientale e la civiltà occidentale come un punto di contatto dal quale si sviluppò la civiltà dell’Europa antica in ambito geografico e storico. Relativamente alla Calabria, Strabone offre una valida e ampia descrizione della fascia costiera che va dal porto Eracle identificabile forse con l’odierna Tropea presso Capo Vaticano, a un porto denominato Emporion vicino Nicotera e così di seguito passando per Portos Balarum, Capo Cenide, Columna e Reggio dopo la quale, asserisce Strabone, lo Stretto si allarga e proseguendo sulla costa ionica, si incontra l’insenatura di Punta Pellaro , il promontorio di Capo Leucopetra, la rada di Bova Marina e le basse e sabbiose spiagge del territorio locrese.

E’ un dato ormai ampiamente accertato che la rotta che attraversava lo Stretto doveva essere la più battuta, poiché era la più diretta per le navi che giungevano dalle zone sud-orientali del bacino del Mediterraneo e che si dovevano dirigere verso il porto di Ostia o in Gallia o in Betica.

Una notizia rilevante circa lo sviluppo commerciale di quest’area ci è fornita da Giuseppe Flavio scrittore, politico, storico e militare romano vissuto intorno al 100 d.C. che parlando della politica operata dall’imperatore Caligola, afferma che fu essenzialmente mirata alla costruzione di elementi di assoluta utilità, come l’ampliamento dei moli del porto della città di Reggio e la costruzione di molti depositi per la conservazione delle merci prodotte sulle sponde dello Stretto in attesa di essere destinate ai vari mercati del Mediterraneo. Purtroppo sempre dallo stesso storico romano apprendiamo che tale opera rimase però solo un progetto politico.

Ma altri importanti dati ci giungono esaminando le fonti archeologiche comprese quelle subacquee. Infatti dai numerosi relitti affondati nelle acque dello Ionio, nelle immediate vicinanze dello Stretto, dall’esame del loro contenuto costituito in massima parte da materiale anforario di varia tipologia e da elementi marmorei si deduce facilmente che una delle merci che transitava maggiormente oltre al grano e al vino prodotti in notevole quantità nei territori calabri e siculi, dovette essere il marmo che giungeva nei porti delle città dello Stretto dall’oriente per poi essere inviato alla statio marmorum di Roma. A buona ragione quindi possiamo ritenere che i negotiatores de oriente venientes transitavano nell’area dello Stretto, si rifornivano nei nostri porti per poi proseguire il loro viaggio alla volta dei mercati romani.

Anche l’epigrafia ci fornisce dati utili per ricostruire la storia commerciale dello Stretto. Infatti un dato di un certo rilievo è rappresentato dall’iscrizione dei dendrophori rinvenuta a Pellaro, che attesta l’esistenza di alcuni cantieri navali che sfruttavano il legname aspromontano e silano per la costruzione dei vari tipi di imbarcazione usati dai romani.

Una testimonianza indiscutibile comunque dei flussi commerciali calabresi diretti a Roma, provenienti dall’oriente, resta senza dubbio la Sinagoga di Bova Marina in loc. S. Pasquale collocata sui resti di una bellissima villa romana di età tardo-imperiale con attestazioni di produzioni africane dal I° al III° sec.

Anche da Capo Leucopetra ci sono giunte nel secolo scorso testimonianze commerciali riguardanti l’area dello Stretto. Infatti sono state rinvenute un cospicuo numero di lucerne con simbologia cristiana simbolo inequivocabile della presenza ebraica sul territorio. Nello stesso sito di Leucopetra sono stati rinvenuti i resti di fornaci comprovanti la produzione delle anfore tipo Keay LII. Della vasta produzione di tale tipologia anforaria vi sono numerose tracce di attestazione sulle due sponde dello Stretto. I siti di maggiore produzione furono Lazzaro, Pellaro, Bova Marina, S. Lorenzo e Vibo sul versante calabro e le fornaci rinvenute presso Naxos sul versante siculo. Quindi attraverso lo Stretto passavano anche i vini prodotti in Sicilia e in Calabria e dai nostri porti partivano poi per i numerosi mercati dislocati lungo tutta la penisola. Tracce di anfore keay LII sono state rinvenute anche a Napoli, segno tangibile di un fiorente commercio tra la nostra regione e la città campana.

Sicilia e Calabria, come già accennato, commerciavano anche tra di loro. Ciò è ampiamente documentato da Cassiodoro che in una Varia attesta la presenza di intensi scambi facilitati dalla vicinanza delle due sponde. Questa testimonianza, nella generale frammentarietà delle fonti, costituisce un documento prezioso che testimonia gli scambi diretti esistenti tra Reggio e Messina, dunque tra le due regioni.

Ma a testimoniare ulteriormente gli scambi commerciali nello Stretto vi sono i numerosi rinvenimenti di ceppi d’ancora. Tali ceppi attestano l’esistenza di numerosi porti sulle due sponde. Alcuni di questi reperti furono rinvenuti fortuitamente nelle acque antistanti Villa S. Giovanni, Torre Faro, Ganzirri e Reggio.

Dati molto interessanti circa la monetazione attestanti i traffici commerciali, ci giungono dai rinvenimenti di alcuni ripostigli a Pellaro, Villa S. Giovanni e Bova Marina. Le monete rinvenute nel 1988 durante una campagna di scavi curata dalla Soprintendenza in località Pellaro ha riportato alla luce nove monete tutte in buono stato di conservazione battute probabilmente nelle zecche di Aquilea , Siscia e Costantinopoli e a quanto sembra non dovrebbero essere state perdute nel terreno molto tempo dopo la loro coniazione.

Nel 1985 all’interno della Sinagoga di Bova Marina è stato rinvenuto un ripostiglio monetale costituito da circa 3080 monete bronzee. Sfortunatamente solo alcune sono risultate essere leggibili e dalla loro analisi sembra trattarsi di monete prodotte a Roma, a Locri e in alcune zecche orientali intorno al III° sec. d.C.

Il ripostiglio villese ha restituito invece, una serie di reperti monetali prodotte con ogni probabilità a Costantinopoli e a Roma durante i periodi di Teodosio II°, Valentiniano III° e Marciano. Come si è potuto fin quì capire lo Stretto è stato il crocevia per eccellenza dei più importanti traffici commerciali del mondo antico, il punto di fiorente contatto tra le civiltà orientali e quelle occidentali sviluppando in pieno il concetto moderno della globalizzazione già in età antica e tardo-antica.

 

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