A Polsi: riti, culture e simboli di un sapere antropologico di una testimonianza di fede
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Una grande testimonianza di fede in un grande luogo, situato in una stupenda e affascinante valle nel cuore dell’Aspromonte; del vecchio Aspromonte, che richiama ogni anno tra il 31 di Agosto e il 2 di Settembre un gran numero di fedeli che con grande e solenne devozione giungono in questo luogo, magico e incantato, tra balli e feste per un appuntamento che rappresenta l’aspetto religioso di questa terra, di queste genti.
Così scriveva Corrado Alvaro nel raccontare la festa della Madonna della Montagna: “Dirò d'una festa che è forse la più animata delle Calabrie. Le feste fanno conoscere la natura degli uomini. Nell'Aspromonte abbiamo un Santuario che si chiama di Polsi, ma comunemente della Madonna della Montagna. È un convento basiliano del millecento, uno dei pochi che rimangono in piedi nelle Calabrie. La Madonna è opera siciliana del secolo XVI, scolpita nel tufo e colorata, con due occhi bianchi e neri, fissi, che guardano da tutte le parti”.
Un appuntamento che è costituito dall’unione del sacro e del profano, del religioso con il trascendentale. I devoti, attori principali di questo atto solenne e spirituale, giungono da ogni dove, pronti a incontrare Maria, Madre Misericordiosa, pronti a chiedere un voto, pronti a invocare un atto di giustizia, un atto di clemenza. Sono i segni inequivocabili di una Calabria che non dimentica il suo passato, sono i segni inequivocabili di una terra che si agita, che cresce e che vive all’ombra di una grande fede che sta accompagnando intere generazioni e che con passo attento e con irripetibile ciclicità ha plasmato e lo sta continuando a fare intere carovane di giovani.
Un tempo i pellegrini giungevano a Polsi a piedi, di buon’ora e subito si recavano in chiesa per portare il saluto alla Vergine Madre. Lungo le strade canti e balli a suon di tamburello si alternavano alle belle nenie rivolte alla Madonna.
Polsi e il pellegrinaggio alla Madonna della Montagna sono una festa di popolo, un popolo fatto di gente alla continua ricerca delle sue radici.
In un tempo lontano durante questi giorni di festa, i pellegrini raccoglievano numerose pietre da portare sul capo o in spalla da offrire alla Madonna per la costruzione del Convento e per la costruzione di alcune abitazioni per ospitare i pellegrini stessi dopo il faticoso viaggio.
E tutto intorno si alza il fumo, l’odore della cottura della carne di capra da consumare nei lunghi momenti conviviali di permanenza in questa fantastica vallata. E poi la processione, bella, solenne, briosa, oscillante di grande sonorità al grido di “Viva Maria della Montagna”; un rito antico nel tempo ma sempre attuale, simbolo di fede e giustizia.
Storia, misticismo, fantasia e tradizione si fondono insieme per offrirci una leggenda unica e affascinante degna di questo luogo, nel quale la mano dell’uomo sembra essere in perfetta sintonia con la natura.
Il grande latinista taurianovese Francesco Sofia Alessio nella prefazione del suo poemetto Feriae Montanae, così scrive: “Questo santuario fu fondato al tempo di Ruggiero il Normanno, dopo che un pastore vide un torello genuflesso dinanzi a una Croce greca, che si conserva ancora, e dopo l'apparizione della Vergine, che volle un tempio nella Valle di Polsi per richiamare intorno a sé i fedeli di Calabria e di Sicilia”.
Racconta lo studioso reggino Rocco Giuseppe Tassone che l’ubicazione del luogo sul quale sorge il Santuario della Madonna della Montagna sarebbe infatti da ricondurre a una affascinante leggenda. Secondo questa leggenda alcuni pescatori di Bagnara, al tramonto di una afosa serata estiva medievale mentre si preparavano per una battuta di pesca notturna, videro in lontananza nel mare calmo e luccicante, una piccola imbarcazione con a bordo due ceri accesi. Immediatamente, affascinati e incuriositi, calarono le barche, raggiunsero quella piccola imbarcazione ed ebbero la sorpresa di non trovare nessuno a bordo tranne una dolce statua raffigurante la Vergine col Bambino. Presero la statua e intonando canti di gloria fecero ritorno sulla spiaggia ove misero la statua su un carro per portarla in chiesa, ma una volta giunti davanti al portone principale dell’edificio sacro, si girarono e non videro più l’effige.
Alcuni anni dopo, intorno al 1144, un vitello, mentre brucava l’erba nel cuore dell’Aspromonte, si sarebbe inginocchiato di fronte ad una Croce. Il bovaro preoccupato si avvicinò all’animale e accorgendosi della Croce iniziò a scavare portando alla luce la sacra statua raffigurante l’effige della Madonna che i marinai di Bagnara precedentemente si erano lasciati sfuggire:
Miraculu di Ddiu chira matina,
ca lu massaru lu jencu cercava,
vaci e lu trova ad Asprumunti ‘ncima
c’addinocchiuni la Cruci adurava;
ora ‘duramu a Vvui Matri Divina,
Madonna di lu voscu e di la chiana.
Il bovaro si diresse subito al paese stupito ed affascinato:
Sentiti, bona genti a chista gran Matri di Ddiu,
eni lu voi chi la scopriu
ch’era a mezzu a dui fiumari.
Maria cci vozzi parlari:
-Bo’ massaru, senti a mmia,
vai ‘nto patroni toi
‘ncicci ca cca’ trovasti a mia.-
Una volta appresa la notizia il padrone si recò subito in quel luogo e si prostrò ai piedi di Maria:
E si parti gralimandu,
‘ndi Maria vozzi arrivari,
rà si misi ‘ndinocchiuni:
-comu fazzu Maria Sagrata
‘ntà chisti paraggi fusti nata…-
-E jeu ccani sugnu nata,
ccani vogghiu a chiesa fabbricata.-
Riprendendo ancora a parafrasare il latinista Francesco Sofia Alessio leggiamo: “Innumerevoli sono i miracoli operati dalla Vergine della Montagna e le grazie concesse".
E sempre lo studioso Tassone ci propone anche una seconda e altrettanto affascinante leggenda molto conosciuta tra le genti dei paesini della provincia Jonica reggina e sempre altrettanto saldamente legata al culto mariano della Madonna di Polsi.
A questa leggenda, tramandata per via orale, è legato un miracolo da parte della Madonna di Polsi a un giovane principe che, non avendo avuto figli, si rivolse a Maria della Montagna promettendole, se le avesse dato un figlio, una donazione di tanto oro quanto sarebbe pesato il piccolo all’età di tre anni. Il bimbo nacque e tre anni dopo, come espresso dal principe nel suo voto, si decise di andare tutti i membri della famiglia a rendere omaggio alla Madonna di Polsi.
Il pio principe partì in pellegrinaggio con il piccolo tra le tortuose e impervie mulattiere dell’Aspromonte. Il cinguettio degli uccelli accompagnava il passo dei viandanti. All’improvviso il principino cadde a terra privo di vita. Il padre, sicuro della propria fede e convinto della grande umanità di Maria, raccolse tra le braccia il piccolino e continuò il suo cammino verso il santuario Mariano.
Una volta giunto in chiesa, pose il cadaverino del giovinetto sull’altare, ai piedi di Maria, e con grande meraviglia dei presenti la piccola creatura si alzò e corse ad abbracciare il padre.
Di tale leggenda è sopravvissuto ancora oggi nelle moderne generazioni, un canto popolare:
'Nc'era lu prìncipi (di Roccella)
chi figghioli non avìa
e pregava Maria cunsolu
mu 'nci manda 'nu bellu figghiolu.
- Se Maria mi manda 'u figghiolu
a li tri anni 'nci lu portu d'oru.
- Lu miraculu 'nci lu mmostrau,
lu picculinu 'nci lu mandau.
E finendu li tri anni
jidi si mìsaru 'n caminu:
quandu arrivaru a Bovalinu
lu picculinu 'nci morìu.
- Comu fazzu, me' summa Rigina,
mortu Vu portu pe' chista matina;
comu fazzu, Rigina sagrata,
mortu lu portu pe' chista jornata!
- Arrivati a la Chiesija santa
jidi lu mìsaru supra l'artaru,
la litanìa 'nci cuminciaru;
e finendu la litanìa
lu picculinu chiamava Maria.
- E pigghìati 'ssi filanzuni
mu pisamu lu me' figghiolu:
quantu pisa lu me' figghiolu
d'oru e d'argentu lu vògghiu lasciari! -
Polsi non è il santuario della ‘ndrangheta, Polsi rappresenta il simbolo della vita; il simbolo della rinascita e del riscatto di questa tormenta e adorata terra di Calabria!