La Sinagoga di San Pasquale

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Insediamento ebraico in contrada San Pasquale

Secondo una leggenda, che attesta l'antica frequentazione ebraica della nostra regione, Reggio fu fondata da Aschenez, pronipote di Noé. La sinagoga del IV secolo dC, ricca di mosaici, di Bova Marina, è la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica; a Reggio fu stampata la prima opera in ebraico, il commento di Rashi alla Torah; calabrese fu Chayim Vital Calabrese, grande studioso della Kabbalah

Nel Medioevo moltissimi furono gli ebrei che si stabilirono in Calabria, aumentando fino alla cacciata all'inizio del XVI secolo; tornarono per pochi anni, richiamati dagli abitanti oppressi dai banchieri cristiani , ma furono definitivamente cacciati nel 1541, evento che non fu estraneo alla decadenza economica della Calabria, in particolare nel settore legato alla lavorazione della seta. Dopo l’espulsione definitiva, gli ebrei (ufficialmente) sparirono, e ritornarono temporaneamente nella triste circostanza dell’internamento a Ferramenti; oggi non vi sono che isolate presenze, ma d'estate la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione della Festa delle Capanne.

IL SITO

In contrada San Pasquale è stato individuato un sito riconducibile ad un’insediamento romano. Quest’area era stata precedentemente occupata da un’altra comunità risalente al periodo ellenistico. Gli scavi effettuati nella zona hanno portato alla luce diversi reperti. Nel 1983, durante i lavori di costruzione della statale 106, sempre nello stesso luogo, è stata scoperta la Sinagoga Ebraica risalente al IV secolo d.C. non ben visibile a causa della copertura di protezione. Tra i reperti più importanti si trova un pavimento a mosaico con tessere piccolissime, raffiguranti il nodo di Salomone, il candelabro a sette bracci e altri simboli della cultura ebraica, una piccola necropoli con tombe a cassone in muratura, anfore per la sepoltura dei bambini, un tesoro composto da più di 3000 monete bronzee.

Lo scavo è avvenuto ad opera della Soprintendenza Archeologica della Calabria.

Il riconoscimento della struttura quale sinagoga è legato essenzialmente alla presenza di un pavimento a mosaico con simboli della tradizione iconografica ebraica.

La sinagoga sorgeva in una località interessata da altre strutture, dovrebbe trattarsi con ogni probabilità di un piccolo villaggio in prossimità della strada costiera che, in antico, collegava Reggio con le altre località poste lungo la costa ionica.

Con buona probabilità il sito è identificabile con l'antica Scyle indicata, con diverse varianti, negli Itinerari antichi.

Potremmo pensare che il sito che sorgeva presso Bova Marina era un punto di approdo per i traffici importanti che avvenivano con l'Africa settentrionale. Contatti confermati, per tutta l'antichità e per la tarda antichità dalla ceramica. Il sito ebbe una sua prima fase di vita già in età ellenistica, documentata solo dalle rilevanze ceramiche.

LA SINAGOGA

La sinagoga sorgeva in una zona periferica dell'insediamento, che, si estende verso sud-est e verso nord-ovest. La memoria storica locale ricorda diversi rinvenimenti nella zona che potrebbero essere relativi al sito in questione. Il più importante riguarda probabilmente una serie di costruzioni e quello che fu identificato come un impianto termale, ritrovati negli anni 60 ed in seguito interrati ed obliterati dalla costruzione del villino Nesci.

La sinagoga presenta almeno due fasi principali. La fase più antica dovrebbe essere, degli inizi del IV sec.. In questo periodo si costruiscono tre ambienti rettangolari affiancati, sul lato sud-ovest, e due ambienti quadrati sul lato nord-est. Gli ambienti rettangolari laterali sono in comunicazione con quelli quadrati. Tutte queste strutture hanno una coerenza di orientamento, lungo l'asse nord-ovest - sud-est, e l'intero edificio ha una forma tendente al quadrato.

L'ambiente principale dell'edificio è ben distinguibile dagli altri per il fatto che è adornato e monumentalizzato in modo precipuo.

Si tratta dell'ambiente quadrato meridionale. All'interno di questo si svolge un tappeto musivo scandito in sedici riquadri da un motivo a doppia treccia. Il perimetro esterno del mosaico è segnato da un bordo con motivo di foglie e frutti. Inscritti nei riquadri dei motivi circolari, al centro dei quali sono posti degli emblemata (tecnica di realizzazione di quadri con l'assunzione e l'ausilio della tecnica mosaica dell'opus vermiculatum) che alternano nei diversi riquadri il nodo di Salomone e la rosetta. I riquadri lungo la parete di ingresso sono realizzati solo a metà per mancanza di spazio; questo fa pensare, che il mosaico è stato eseguito sulla base di un cartone di modello.

E' possibile che tale modello non fosse stato realizzato espressamente per la sinagoga di Bova, ma provenisse da un'altra località. Questo spiegherebbe il taglio del disegno. Il riquadro al centro della stanza è diverso dagli altri: al centro dell'emblema sta la menorah; sui lati di essa a destra l'ethrog e il ramo di palma, a sinistra lo shofar. Si tratta degli elementi tipici del culto ebraico, comunissimi nell'arte ebraica antica.

La menorah ha i bracci costituiti da rami su cui sono infilati melograni e con le estremità superiori raffiguranti le sette lucerne accese. La presenza di simboli relativi al culto giudaico è l'elemento che ha permesso di identificare inequivocabilmente l'edificio come sinagoga. Tali simboli sono molto comuni nelle rappresentazioni figurate dell'arte ebraica, altrimenti povera di raffigurazioni, che sono proibite dalla Legge.

Essi rimandano al culto principale, quello del tempio di Gerusalemme. Ora siamo in un'epoca in cui il tempio era stato distrutto da alcuni secoli.

Si tratta dunque di un richiamo ideale ad un'epoca che i Giudei della Diaspora continuavano a vagheggiare.

Tali simboli, presumibilmente, facevano riferimento alla festa dei Tabernacoli o Festa di Sukkoth.

Nei simboli dell'ethrog e del lulab, tipici di questa festa, associati alle menorot e al sacrario della Torah, si può vedere la rappresentazione della fede messianica (che in quella trovava la sua espressione rituale) e della ricostruzione del Tempio, con tutte le relative implicazioni nazionalistiche.

Il mosaico di San Pasquale appartiene al tipo 3 della classificazione dei pavimenti mosaicati sinagogali dell’Ovadiah.

La forma della menorah raffigurata nel mosaico appare per la prima volta nelle rappresentazioni del soggetto, tra la seconda metà del IV e l’inizio del V secolo d.C., continuando fino al VII sec..

Alcune importanti trasformazioni dell'edificio avvengono probabilmente verso gli inizi del VI sec.

Viene rifatta la parte sudorientale della sinagoga, abbattendola completamente, regolarizzando il terreno con una colmata, e ricostruendo gli ambienti con diverse dimensioni. La stanza rettangolare orientale riprende sostanzialmente la precedente, ma viene pavimentata in laterizi. Il secondo ambiente viene suddiviso in due stanze quadrate. Una fungeva probabilmente da atrio, la seconda da magazzino, per il ritrovamento in sito di parecchi frammenti di anfore. Si aggiunge inoltre sul lato nord-occidentale della sinagoga un altro ambiente quadrangolare, in asse con l'aula principale. All'interno di questo si è ritrovato un grande dolium interrato e un tesoretto monetale all'interno di una brocca. Si noti che questo ambiente aggiunto non comunicava direttamente con la sinagoga. Le trasformazioni di questo periodo fanno assumere all'edificio una forma decisamente diversa da quella della prima fase. A livello planimetrico infatti, dalla forma quadrata dell'intero edificio si passa ad una forma di ‘elle’. Anche all'interno dell'aula principale avvengono alcune trasformazioni, che sottolineano maggiormente l'orientamento della sinagoga verso sud-est. Ovvero in direzione di Gerusalemme, secondo l'uso conosciuto per tutte le sinagoghe, sia in Palestina che nella Diaspora.

Infatti sulla parete orientale dell'aula si apre una piccola abside al centro della parete. Questa viene monumentalizzata ulteriormente in quanto viene rialzata con un gradone in muratura rispetto al livello dell'aula, e circondata da una balaustra che doveva poggiare su ciottoli di fiume e su una lastra di marmo di reimpiego. Questa trasformazione va a rompere in quest'area il pavimento a mosaico. Nella zona rialzata e circondata dalla balaustra si costruì un tratto di mosaico che imitava i riquadri del pavimento precedente con il nodo di Salomone e altri motivi geometrici. Tale settore di mosaico pertinente alla seconda fase del monumento è più povero nella fattura del mosaico originario. Si tratta qui della costituzione di una specie di bemah, un punto rialzato nei pressi del tabernacolo della Torah da cui il Presidente della liturgia proclamava la Scrittura o la spiegava.

Inoltre nell'angolo est della sala si rompe il mosaico antico per inserire un dolio interrato. All'interno di questo si sono ritrovati frammenti di lampade di tipo palestinese. Ma la scoperta più importante, all'interno del dolio, sono stati "sette sostegni per stoppino, ottenuti ripiegando opportunamente una lamina di piombo". Si tratta probabilmente della parte terminale dei sette bracci di una menorah, il candelabro eptalicne, che abbiamo visto raffigurato nel mosaico al centro della sala. Probabilmente il resto del candelabro, che non si è conservato, doveva essere in materiale ligneo o deperibile. Il candelabro, insieme alle lucerne conservate nel dolio, doveva adornare la zona absidale della sinagoga. Zona che era senza dubbio l'edicola della Torah, che custodiva i sacri testi biblici. Nella stessa fase di trasformazione della sinagoga, databile con buona approssimazione agli inizi del VI sec., fu costruito a Sud-est un edificio con ambienti quadrati e ambienti allungati interpretabili come scale, che dovevano quindi dare accesso ad un piano rialzato. Sotto il crollo dell'edificio si sono ritrovate alcune sepolture. Unico elemento datante una moneta piuttosto consunta dell'età di Arcadio. Solamente a livello di ipotesi di lavoro si potrebbe proporre un'interpretazione della struttura come albergo per eventuali correligionari di passaggio e/o ambiente per lo studio della Torah. Presso le varie comunità giudaiche antiche infatti, esistevano di queste strutture adiacenti alle sinagoghe. Tra la fine del VI e gli inizi del VII sec. abbiamo tracce di un incendio e di una distruzione violenta dell'insediamento. Il tesoretto ritrovato nell'ambiente settentrionale, con monete di circolazione corrente, testimonia un abbandono improvviso e definitivo del sito. L'elemento datante più tardo è un frammento di ceramica sigillata africana della prima metà del VII sec..

La tipologia edilizia dell’ultima fase può essere inquadrata al terzo tipo di sinagoga detta ‘sinagoga con abside’ , come la presenza di mosaici pavimentali sia ascrivibile all’inizio del IV sec., mentre l’importanza dell’edicola della Torah, rivolta verso Gerusalemme, viene sottolineata, anche con la costruzione di bemah, nello stesso secolo.

In questo momento si stanno ultimando le opere di sistemazione per poter rendere la sinagoga visibile al pubblico.

 

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