A difesa di un territorio vasto e importante
Uno degli aspetti particolarmente interessante della nostra storia è rappresentato dallo studio delle fortificazioni che, nel corso dei secoli e dei differenti contesti storici, hanno inequivocabilmente segnato la storia della nostra città.
Le fortificazioni quindi costituiscono un insieme di strutture storico-architettoniche quali rocche, castelli, cinte murarie, torri costiere, bastioni, e in età medievale, presidi d’altura, eretti a difesa di un territorio strategicamente vasto e importante quale quello sul quale si insediava la città di Reggio.
La Calabria infatti, per la sua strategica posizione, proiettata al centro del Mediterraneo, rappresenta, la regione con il più alto numero di fortificazioni costiere e d’altura in tutta l’Italia.
Ripercorrendo quindi nello specifico la storia della città dello Stretto occorre subito evidenziare che le “fortificazioni reggine” sorgevano sia all’interno del tessuto urbano della città stessa che all’esterno e sulle alture circostanti formando così un unico centro difensivo e tecnicamente sempre pronto all’intervento militare.
In ambito cittadino l’elemento architettonico maggiormente rilevante è sicuramente il Castello le cui origini sono da ascrivere a un periodo di molto anteriore alla venuta degli Aragonesi, il Forte Castelnuovo situato lungo la costa nei pressi della foce del Calopinace la cui edificazione sarebbe stata iniziata nel 1547 e mai completata e quello che resta dall’antica cinta muraria della polis di Rhegion.
La città all’arrivo dei Bizantini fu nuovamente fortificata per ordine del generale Belisario che ne dispose la costruzione di una serie di torrioni angolari lungo tutto l’asse perimetrale del nucleo urbano.
Sotto i Normanni a partire dal 1050 l’assetto urbano della città subì un ampliamento verso sud e con il nuovo assetto fu ridefinita la nuova cinta muraria con una serie di porte quali: la Porta Mesa, la Porta Dogana, la Porta Amalfitana, la Porta San Filippo e la Porta della Marina.
Intorno alla città sorgevano, nei punti più strategici, una serie di avamposti militari quali il Forte Catona nella zona del quartiere di Catona, la Torre Castiglia tra Pellaro e Bocale II, e la Torre San Gregorio nell’area dell’attuale rione di San Gregorio.
Più esternamente si trovavano la rocca di Scilla la cui prima fortificazione risalirebbe con ogni probabilità al V sec. a. C. al tempo del tiranno Anassila e un insieme di Torri intese come centro di avvistamento nei punti più avanzati della costa edificate quasi tutte nel corso del cinquecento; tra queste vanno ricordate Torre Cavallo situata su una scogliera tra Scilla e Cannitello edificata nel 1559 e la Torre di Reggio nelle alture di Pentimele iniziata nel 1550 e ultimata nel 1551.
Anche le alture della città furono debitamente fortificate con una serie di strutture militari il cui ruolo primario era quello di controllare il mare dello “Stretto”. Nacquero così le “Motte”, costruite dai bizantini, ampliate e potenziate successivamente dai Normanni, dagli Angioini e dagli aragonesi. Nel nostro territorio le più conosciute sicuramente sono: Motta Anomeri, Motta Rossa, Motta San Cirillo e Motta S. Agata.
Una particolarità degna di nota parlando delle “Motte Reggine” è che si trovano quasi tutte alla stessa quota d’altitudine quasi a sorvegliare la città dalle sue spalle e pronte a lanciare l’allarme in caso di qualche avvistamento sospetto proveniente dal mare.
Motta Anomeri era una di queste Motte ubicata nell’area dell’attuale Ortì nei pressi di Monte Chiarello. La sua ubicazione è stata ricavata da alcuni atti notarili del XVII sec. Essa si erge a circa 476 mt. s.l.m. e pare che abbia avuto una vita storica molto breve. Dopo avere subito notevoli danni nell’ultima fase del periodo aragonese, venne distrutta dalla Capitania di Reggio a causa delle continue rivolte intorno al 1463.
Della Motta Rossa identificata nei pressi dell’attuale Sambatello restano solo scarsissimi ruderi. Si trattò di una unità difensiva che si ergeva a controllo dell’ultimo tratto della Fiumara del Gallico e aveva un nucleo urbano di piccole dimensioni. Esaminando i registri risulta essere nel 1365 tra i beni posseduti da Ruggero Sanseverino; Ladislao di Durazzo con un suo editto del 1412 la pone sotto il controllo della Capitania di Reggio.
Della Motta San Cirillo o Quirillo nome presente in alcune fonti, le tracce sono minime e pare che la sua edificazione risalirebbe addirittura all’VIII sec. Le fonti infatti menzionano la presenza di un nucleo urbano dedicato all’allora vescovo reggino S. Quirillo il quale era solito ritirarsi proprio su quell’altura in preghiera. Mons. A. De Lorenzo l’ha identificata nel corso del XIX sec. nell’area dell’attuale Terreti sul Monte Gonì.
Motta S. Agata, situata in prossimità di S. Salvatore, Cataforio e Mosorrofa dominava la fiumara omonima. Di origine bizantina comprendeva un castello o Kastron e un borgo sottostante. Flebili notizie relative a S. Agata e ad un suo fiume compaiono a metà del X sec. nel Brebion, una platea dei beni della chiesa reggina. Coinvolta negli scontri tra Angioini e Aragonesi si riconfermò come il centro di controllo più importante dal punto di vista militare di tutto questo vasto territorio. Durante l’età medievale il centro divenne rifugio contro le razzie compiute dagli Arabi. Scarse sono le notizie relative al periodo normanno e svevo. La storia della Motta S. Agata si fermò alle ore 13.00 del 5 febbraio 1783 arrestata inesorabilmente dal terribile sisma che investì la nostra provincia.
Un unicum storico che ripercorrendo vari secoli, dall’antichità all’età moderna, connota un aspetto molto rilevante della storia del nostro territorio: la necessità costante di questa città, fin dalla sua fondazione, di dotarsi di un valido ed efficiente sistema militare per la difesa del proprio territorio.