Colori e sapori della Calabria greca

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Aspetti culturali, tradizionali e storici della Calabria meridionale
 

Nel villaggio della memoria è la campagna che scandisce il trascorrere del tempo. Si cucina e si fa il pane insieme. C’è pace e armonia nel villaggio della memoria. C’è l’osteria dove si gioca a carte. C’è la “ruga” dove ci si conosce tutti. C’è il rispetto dell’ospite, al quale non si chiude la porta fino a quando egli non scompare dietro la curva. C’è il “compare” davanti alla cui casa ci si toglie il cappello anche se in quel momento la casa è vuota. C’è tanta musica, c’è poesia, c’è fatica, solidarietà, c’è fiducia nel villaggio della memoria.

Siamo nell’Area Grecanica della provincia di Reggio Calabria, dove il futuro di un popolo si costruisce aggrappandosi tenacemente a un passato glorioso, di cui fino a pochi anni fa non si conosceva neanche l’esistenza, ma che rappresenta un patrimonio di valori e di comportamenti che è molto difficile incontrare in altre culture o in altri ambienti, non perché esso sia migliore ma solo per il fatto che esso è unico e non è esportabile.

Parlare oggi di Greco di Calabria può sembrare anacronistico; cercando di valorizzare e tutelare un fenomeno locale si potrebbe, addirittura, andare controcorrente. Il periodo storico che stiamo attraversando, impregnato in tutto e per tutto da una omologazione culturale e comportamentale generalizzata e superficiale, nonché da una globalizzazione galoppante e in alcuni casi pericolosa, ci pone di fronte a un problema da non sottovalutare: che cosa significa oggi rivalutare una lingua minoritaria e tutto quello che essa rappresenta, considerando che i mezzi di comunicazione di massa, se da un lato offrono indiscutibili fattori di civiltà e di progresso, dall’altro lato schiacciano e livellano tutte le culture locali e dei piccoli gruppi?

La lingua minoritaria rappresenta l’anima di un popolo, essa è solo la punta di un iceberg che alla sua base nasconde un patrimonio immenso di tradizioni, di cultura, di architettura, storia, poesia, musica, sentimenti e passioni umane.

La lingua minoritaria ci aiuta a conoscere un patrimonio locale destinato a rappresentare un popolo, con tutta la storia che esso ha alle sue spalle, inserendolo all’interno di un processo di globalizzazione del tipico, dell’etnico, del locale, valorizzando le diversità, che insieme a tutte le esperienze, le culture e le storie di tantissimi altri popoli, arricchiscono e contribuiscono alla formazione di un mondo dove ognuno porta in eredità la propria dignità, il proprio orgoglio, la propria identità.

Rispettare le storie e le culture locali significa perseguire realmente i valori di multi-cultura, di apertura, di accoglienza, di pace.

L’Area Grecanica della provincia di Reggio Calabria offre paesaggi, colori, sapori, storia, tradizioni e cultura ricchissimi, da conoscere e apprezzare senza fanatismi e senza folklore, rappresentandoli con occhio fine di artista, antropologo, etnografo, studioso di un mondo che scompare e di cui si dovrebbe preservare almeno il ricordo e la consapevolezza di ciò che ha rappresentato e dal quale, senza idealismi e senza desideri di ritorno a condizioni di vita ormai improponibili, assumere come propri i valori, i successi e gli insuccessi, per affrontare e programmare il futuro da consegnare alle generazioni che verranno dopo di noi.

La storia greca dell’Area Grecanica della provincia di Reggio Calabria affonda le sue radici nel lontano ottavo secolo avanti Cristo quando i primi coloni greci sbarcarono sulle coste della Calabria diffondendo la propria lingua e la propria cultura.

Qui trovarono un popolo che si esprimeva in diversi dialetti e con il consolidamento dei centri greci di Sibari, Crotone, Caulonia, Locri, Reggio, sullo Jonio e poi Medma, Hipponion, Taureana, sul Tirreno, la lingua greca divenne praticamente la lingua di tutti.

Quando nel terzo secolo avanti Cristo le città della Magna Grecia decaddero e divennero dominio romano, subentrò la lingua latina, si realizzò una sorta di bilinguismo dove le due lingue, insieme a elementi dialettali, rimasero vive e venivano usate: “il latino per il governo e l’azione, il greco per il pensiero e l’eleganza”. (R. Lopez - 1966)

La presenza di Roma, particolarmente al tempo di Ottaviano Augusto, diede impulso e vigore alla lingua latina ma è durante i primi due secoli, con la diffusione della fede cristiana, che la lingua greca acquisisce valore soprattutto per la liturgia celebrata con il rito greco.

La lingua latina comunque era la lingua dominante tra le città della Magna Grecia, solo Reggio rimase un’isola greca per le caratteristiche culturali, per la posizione strategica sullo stretto e per l’afflusso di coloni provenienti da Patrasso che scappavano dal Peloponneso invaso nel 586 dagli Avari e dagli Slavi.

Questi popoli rimasero a Reggio per circa due secoli, essi rientrarono a Patrasso nel 806 ma, nonostante la loro presenza, il latino non fu dimenticato.

In questo periodo si ebbero delle ondate di immigrazioni da Oriente che, sia quelle stabili che quelle di passaggio, diedero vigore alla lingua greca e quando nel 732 le diocesi calabresi furono assoggettate alla giurisdizione di Costantinopoli, tutti parlavano greco.

Nel secolo nono il latino venne completamente dimenticato dalle generazioni successive e la liturgia e la presenza dei monaci costituivano il veicolo principale per la diffusione capillare della lingua e della cultura greca.

Dal sesto fino all’undicesimo secolo la presenza dei bizantini ha ridato slancio e vigore alla lingua greca e fino al 1600, come risulta da un registro conservato presso l’Archivio storico della Curia di Reggio, alcuni firmavano con la grafia greca.

La lingua greca è sopravvissuta al francese, allo spagnolo e fino alle soglie dell’era moderna era parlata da quasi tutti i paesi della Calabria meridionale.

La realtà quotidiana era densa di valenze interiori, insegnamenti dell’animo, sacralità; il rapporto con le cose era regolato dall’uso ed era riprovevole lo spreco, inconcepibile l’abuso; i rapporti sociali erano regolati dal rispetto, dalla condivisione di fatiche, sofferenze, gioie, dalla solidarietà. I rapporti erano tra uomo e uomo, diretti senza distinzione di ceto e di appartenenza. La nostra storia è considerata inesistente dai libri che i nostri figli studiano a scuola. Dove può, la genuina tradizione calabrese continua a vivere, conservata con umiltà e fatica dalla gente che non è stata travolta dalle mode della cultura dominante. (D. Minuto - 1996)

Oggi questa lingua greca popolare è ancora parlata dagli anziani di Bova, Gallicianò e Roghùdi. Alcuni studiosi, consapevoli del significato culturale di questa minoranza linguistica, tentano con passione e speranza di farla rivivere.

Anche il rito greco, all’interno della fede cattolica, sta riprendendo vigore, esso deriva da un rito che penetra profondamente nell’anima del nostro popolo trovando tutte le sfumature e le gradazioni necessarie per la sua felice vitalità.

Oggi tutta la Calabria prende coscienza di ciò che ha perduto attaccandosi tenacemente a ciò che le è rimasto, con la consapevolezza che la dignità e l'identità di un popolo passa attraverso il riconoscimento di tutto ciò che fa parte del bagaglio culturale, musicale, linguistico, archeologico e tradizionale ricevuto in eredità e destinato a essere tramandato, intatto e vivo, alle generazioni future.

 

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