La cultura greca nella Bovesìa
La storia della cultura greca nella “Bovesìa’’, affonda le proprie radici nell’VIIIo secolo a.C., ovvero, all’epoca della colonizzazione ellenica lungo la costa jonica della Calabria (Sibari, Crotone, Locri, Reggio, ecc.).
La colonizzazione greca dell’Italia Meridionale, più in generale, costituisce uno dei fenomeni di maggiore importanza per la storia e per la formazione della cultura occidentale.
L’arrivo dei Greci modificò subito la vita delle popolazioni preesistenti ( Ausoni, Choni, Enotri, Morgeti, Siculi, Itali, ecc.), dando un “input” decisivo allo sviluppo economico e sociale e consentendo di raggiungere ben presto un elevatissimo grado di civiltà. In particolare, i coloni greci che all’epoca approdarono sulle spiagge della “Bovesia”, non trovarono lande deserte; al contrario, si dispiegò dinanzi ai loro occhi un territorio che conosceva già, da almeno 5.000 anni, un notevole grado di sviluppo (come per altro testimoniato da recenti interessantissimi ritrovamenti archeologici effettuati sotto la direzione del Prof. John Robb - Cambridge University - con il supporto della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, nell’ambito del progetto BMAP).
Alla storica colonizzazione dell’VIIIo secolo a.C., parteciparono diverse stirpi greche e “in primis”, gli Ioni di Calcide nell’Eubea, che fondarono Pithecussa (odierna Ischia) nel 770 circa a.C. e Cuma intorno al 750; più tardi, nel 734 a.C., Naxos ritenuta la prima colonia greca dell’isola; quindi, circa nel 730 a.C., Zancle (chiamata poi Messana da Anassila nel Vo secolo a.C.) e Rhegion.
Così facendo, i Calcidesi si assicurarono il possesso delle più ricche zone agricole e i punti di maggiore importanza strategica, come le due sponde dello Stretto di Messina.
Verso il Vo secolo a.C., alle colonie greche dell’Italia Meridionale si diede l’appellativo di “ Magna Grecia”, con traduzione latina del termine greco “Megàle Hellàs”; “Magna” cioè “Grande” per l’ampiezza dell’area interessata, ma anche per l’eccezionale prosperità che le città greche in Italia raggiunsero nell’arco di alcuni secoli, riuscendo a sviluppare una civiltà ed una cultura in grado, quanto meno, di competere con quella della madrepatria.
Rhegion (Reggio Calabria) fu una delle più importanti “poleis” della Magna Grecia, oltre che la più antica in Calabria. Fu fondata infatti, come detto, nel 730 circa a.C. dai greci dell’Eubea, a cui pare si sia aggregato un nucleo di Messeni in fuga, incontrati a Delfi, il cui Oracolo, con la sua profezia, ispirò la fondazione della città nella foce del fiume Apsias (Calopinace).
Diodoro Siculo (XIII,23) riferisce il testo della profezia: “Laddove l’Apsias, il più sacro dei fiumi, laddove, mentre sbarchi, una femmina si unisce ad un maschio, là fonda una città; il Dio ti concede la terra di Ausonia”.
Di Reggio fu il poeta lirico Ibico (VIo secolo a.C.), uno dei più illustri letterati dell’antichità classica; come pure lo fù il critico e filologo Teagene (VIosecolo a.C), colui che “per primo scrisse intorno ad Omero”.
Facendo un rapidissimo “excursus” storico, pure in età romana (IIIo secolo a.C. - Vo secolo d.C.) la grecità calabrese è ampiamente documentata dagli studi storico-linguistici del più grande glottologo della storia, il tedesco Rholfs, nonché da numerosissimi altri studiosi e, non ultimo, dal reggino Prof. Mosino.
In età medievale, in seguito alla IIa “ellenizzazione” dell’Italia Meridionale, si rinnovò e si rivitalizzò la tradizione e la cultura greca e orientale con presenze di noti monasteri come quello di San Nicola di Calamizzi.
Nell’età alto medioevale, tutta la Calabria fu bizantina, anche nella lingua (greca).
Nel basso medioevo, dopo “l’inversione di tendenza” linguistica e culturale a favore della lingua e della cultura latina, iniziata dai Normanni, con l’appoggio della Chiesa di Roma, la lingua greca continuava ancora a essere parlata nel catanzarese e soprattutto nel reggino.
Più tardi, in età moderna, la “glossa palea” ridotta in ambiti sempre più angusti, continuò a mantenersi vitale soltanto fra le falde dell’Aspromonte. In quest’area, le funzioni religiose si celebrarono con il rito bizantino fino al 1572. L’ultima Diocesi in cui fu ufficialmente soppresso il rito greco fu proprio quella di Bova, la “Chora” per antonomasia della “Bovesìa”; tuttavia, molte comunità parrocchiali della zona (Montebello, Motta S.G., S.Agata, Pentedattilo, S.Lorenzo), continuarono ad officiare col vecchio rito per quasi un altro secolo, anche perché, gran parte del popolo conosceva la sola lingua greca.
Da allora si è però registrato un crollo, una caduta in verticale della lingua e della cultura greco-calabra.
Ciò nonostante, ancora alla fine dell’800, lo “ zoccolo duro” dell’Area Grecanica risultava quasi totalmente ellenofono: Bova, Roghudi, Gallicianò di Condofuri, Roccaforte, utilizzavano ancora il greco quotidianamente, come lingua di conversazione abituale. La stessa Cardeto, a questa epoca era soprattutto ellenofona.
Fino alla prima metà del‘900, Roghudi e Gallicianò continuavano a mantenere una “grecofonia” di quasi il 100% (degli abitanti). Anche a Bova l’antica lingua era molto presente nell’uso quotidiano.
Dal dopoguerra, nel censimento che riguardava la consistenza linguistica nell’Area Grecanica, compare la popolazione di Bova Marina, un paese in crescita costante, alimentato soprattutto dagli abitanti di Bova; qui a “ Jalò tu Vùa”, il numero dei parlanti greco risulta attualmente di qualche centinaio di unità, ed è costituito, non solo dai residenti anziani, ma anche da alcuni giovani studiosi e dalle non poche Associazioni Culturali Ellenofone presenti.
Da un punto di vista politico-amministrativo, l’Area Grecanica, comprende attualmente 16 Comuni: Reggio Calabria, Cardeto, Motta S. Giovanni, Montebello Jonico, Melito P.S., Bagaladi, S. Lorenzo, Roghudi, Roccaforte del Greco, Condofuri, Bova, Bova Marina, Palizzi, Brancaleone, Staiti e Samo.
Le “new entry” sono rappresentate dal recente ingresso, nella realtà greco-calabra, dei Comuni di Reggio (2005) e Cardeto (2008).
Questa definizione amministrativa non corrisponde tuttavia agli effettivi confini linguistici e culturali della Calabria greca.
Nel cuore di questo territorio, la “Bovesia”, è incastonata la cosiddetta “Isola Ellenofona”, una ristretta area nel basso Aspromonte greco in cui, oltre a significative tracce della presenza greca e greco-bizantina nel mondo culturale e tradizionale, rimane (miracolosamente) viva l’antica “glossa” che ha reso immortale l’opera di Omero, Platone, Aristotele; quest’area, comprende i Comuni definiti “storici” dell’Area Grecanica: Bova, Bova Marina, Condofuri (Gallicianò), Roghudi e Roccaforte del Greco.
È a questo estremo baluardo della grecità calabrese ,“ultimo rifugio dell’ellenismo”, che oggi, è demandato l’onore (soprattutto) e l’onere, il gravoso ma nobilissimo compito (leggi pure: l’inestimabile privilegio) di rinvigorire quelle “rize palee” linguistiche e culturali che affondano nella notte dei tempi e che 28 secoli di storia non hanno potuto cancellare.